venerdì 14 maggio 2010

Lavoro nero

Secondo la CGIA di Mestre (in un articolo di qualche mese fa) l’occupazione irregolare funge da vero e proprio ammortizzatore sociale e rappresenta per le famiglie un’ancora di salvezza contro la crisi. Nei momenti di difficoltà il ricorso a forme di lavoro fuori dai canoni della legalità sopperisce alla carenza di risorse stanziate da Governi, Regioni e Comuni. Per questi motivi, il lavoro nero non andrebbe sempre demonizzato, anche perché, a quanto pare sta salvando l’economia del Mezzogiorno.
Negli ultimi anni il ricorso al lavoro irregolare non solo ha consentito alle PMI di sostenere la crisi, ma ha permesso in molti casi di generare valore aggiunto. Ciò è dovuto principalmente alla riduzione del costo del lavoro che rappresenta una delle voci di bilancio più pesanti per un’azienda, ma anche a una maggiore flessibilità del lavoro (ovvio se hai un lavoratore in nero, lo puoi trattare alla stregua di un macchinario). Da uno studio firmato da Cristiana Donati e Domenico Sarno, pubblicato sull’inserto Sud del Sole24ore del 12 maggio, si evidenzia come la scelta di operare con manodopera irregolare è diventata una vera è propria leva strategica per le imprese nel meridione. A pagina 5 dello stesso inserto c’è un’intervista a un imprenditore che ammette di avere personale in nero poiché i contributi e le tasse sul lavoro sono troppo onerosi.
E’ importante affrontare l’argomento con le dovute cautele, perché esistono vari tipi di lavoro nero, c’è quello di “necessità”, ma c’è anche quello di “convenienza”. Quest’ultimo, che secondo me è il più diffuso, è sinonimo di “sfruttamento” e dietro questa parola si annida la criminalità organizzata. Bisogna ricordare che a un lavoratore in nero non vengono versati contributi assicurativi, previdenziali e spesso non sono rispettate neanche le più semplici norme di sicurezza o di orario di lavoro. A subire questo sono le classi sociali più deboli, soprattutto immigrati, che non godono di alcuna tutela e sono, sovente, oggetto di ricatti e soprusi.
Il lavoro irregolare è una piaga che accentua gli squilibri sociali e rischia spesso di sfociare in violenza (come insegnano i fatti di Rosarno). Attenzione quindi a trovare giustificazioni economiche al suo utilizzo, l’occupazione irregolare va condannata e punita in tutti i casi. Il governo deve intervenire seriamente per contrastare questo fenomeno, ponendolo ai primi posti dell’agenda politica. A poco servono le promesse, in Italia e in particolar modo nel suo meridione si parla di punte del 30% di lavoro nero. Il dato è da allarme sociale, ma non se ne sente parlare in Tv, a parte quando succedono disgrazie gravi.
La tutela della persona e in particolar modo del lavoratore non deve mai passare in secondo piano, soprattutto in uno Stato come il nostro, che è fondato sul lavoro come recita la nostra stessa Costituzione. Il lavoro è un mezzo di emancipazione sociale, oltre che economica, quindi prima di promuovere teorie, bisogna valutare entrambe le dimensioni. Spesso si tende a sacrificare tutto in nome dell’economia, dimenticando che una società vive soprattutto di libertà e diritti fondamentali. Certo non si può incolpare chi, disperato, accetta un lavoro in nero, ma non è questo il punto, deve essere lo Stato a creare le condizioni affinché questo non avvenga. Una Nazione che si rispetti non può permettere che un suo cittadino baratti la sua libertà per una momentanea sicurezza economica, perché chi lavora in nero lo fa per sopravvivere, non per vivere.
Chiudo con una frase di Benjamin Franklin che diceva:

“Chi è disposto a rinunciare a una libertà fondamentale per acquisire un po' di temporanea sicurezza non merita né libertà né sicurezza”.

3 commenti:

  1. Se si regolarizzerebbe il lavoro nero al Sud, il divario con il Nord sarebbe molto più ridotto.

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  2. Al Sud siete un caso perso! Altro che mafia!!

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  3. Al nord invece siete favolosi. Ma fammi il piacere!

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