mercoledì 5 maggio 2010

Il paradosso dell'emigrazione nel Mezzogiorno.

Nel 2008 le regioni meridionali hanno registrato un saldo migratorio negativo di quasi 60mila giovani. Il dato emerge da uno studio pubblicato sull’inserto Sud del Sole24ore del 5 maggio.
L’articolo parla di come l’emigrazione sia ancora uno dei grandi problemi del Sud che comporta un costo per l’intera macroarea di circa 13miliardi di euro. Il valore è ottenuto moltiplicando il saldo migratorio interno per i costi sostenuti da Stato e famiglie per assistere e far studiare i propri giovani.
Per esempio, sempre secondo la simulazione in esame, un giovane in possesso di una laurea magistrale costa circa 302mila euro di cui, 185mila euro a carico della famiglia e 117mila euro a carico dello Stato.
La questione su cui soffermarsi però è un’altra, spesso (anzi sempre) un giovane meridionale “emigrato” si trova a beneficiare del sistema sanitario e dell’istruzione della sua regione d'origine, mentre una volta diventato soggetto produttivo si ritrova a versare le tasse in un'altra regione (spesso del Nord). In pratica l’onere del welfare spetta la Sud, mentre il gettito va al Nord. Questo sistema di cose spinge il Mezzogiorno in un paradosso, che rischia di aggravarsi in un sistema federalista che non assicuri un buon livello di solidarietà interregionale.
C’è anche da considerare un altro fattore non meno importante di quello strettamente economico, la perdita di giovani qualificati, priva il Mezzogiorno proprio delle competenze di cui avrebbe bisogno. Infatti, al di là dei problemi economici dell’Italia meridionale, quello che manca veramente è una classe dirigente con conoscenze e capacità tali da permettere un ricambio generazionale di qualità nelle varie istituzioni e nei settori produttivi.
Le università sfornano continuamente giovani che riescono a imporsi in tutte quelle aree in cui trovano terreno fertile per coltivare le conoscenze e le competenze acquisite, siano esse in Italia o nel resto del mondo. Il continuo deflusso di persone con maggiore dotazione di capitale umano finisce per impoverire ulteriormente l’area di origine, portando ad un aumento del divario di crescita tra Sud e Nord.
Il Mezzogiorno è incapace di trattenere le proprie risorse umane, rinunciando, di fatto, a un fattore chiave per la crescita socio-economica regionale. Allo stato attuale, in nessuna regione del Sud è attiva o prevista una qualsiasi forma di contrasto al flusso migratorio in uscita. In questo contesto le autorità politiche regionali e nazionali dovrebbero, di concerto, trovare soluzioni tese ad arginare il problema dell’emigrazione. Le prime potrebbero iniziare con la creazione di un vero è proprio “osservatorio” che consenta di valutare e definire l’entità del fenomeno per studiarne le determinanti e le relative contromosse. Le seconde, in previsione del federalismo, potrebbero convincere le regioni che beneficiano della migrazione a creare un fondo “perequativo” che restituisca (almeno in parte) al Sud il capitale speso per formare risorse umane di cui il Nord beneficia (con la Lega al governo mi sa che è pura fantascienza!).

2 commenti:

  1. Io appartengo alla categoria degli emigranti e non c'è giorno un cui non ripensi alla mia terra, io sono originario di Cosenza e putroppo l'ho dovuta lasciare per motivi di lavoro.
    Spero un giorno di tornarci perchè vorrei che i miei figli crescessero in Calabria.
    Trovo i tuoi articolo molto interessanti.
    Ciao

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  2. Tutto ciò andrebbe detto a Bossi.

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