Dopo la crisi scoppiata nel PDL, il Partito Democratico si trova a dover fare i conti con un dilemma: approfittare del dissenziente Fini, facendosi mediatore tra tutte le opposizioni esterne e interne al partito di governo o puntare solo su se stessi, mediante una profonda ristrutturazione organizzativa? Com’è facile intuire le due tesi sono argomento di discussione all’interno del PD tra i “pratici” e i “teorici”, tra chi “guarda in avanti” e chi “si guarda anche intorno (e indietro)”.
Fare di necessità virtù vuol dire, ricreare un insieme di alleanze tra gli oppositori di Berlusconi, rispolverando l’arte del compromesso e strizzando l’occhio a chiunque si ponga come obiettivo quello di far cadere il governo. Continuare indefessi nel cammino del rinnovamento significa escludere la prima scelta e in un certo senso non approfittare delle disgrazie altrui e continuare nella lenta azione di costruzione del partito. Entrambe le soluzioni hanno dei pro e dei contro, la prima darebbe risultati nel breve periodo, metterebbe in serie difficoltà il governo, ma rischia di riportare al passato, rimanendo senza contenuti e con una serie di alleanze di sigle (con conseguenti problemi di tenuta). La seconda non darebbe risultati immediati perché necessita di un processo di combiamento lungo che ancora non è neanche iniziato e una chiarezza sui temi che si vogliono portare agli elettori, ma potrebbe portare alla creazione di quel partito progressista e riformista che ancora manca nel nostro paese.
Fare cadere il governo e ridimensionare le aspettative della Lega è un obiettivo di non poco conto, anzi per alcuni, è l'obiettivo degli obiettivi, ma per raggiungerlo qual'è il prezzo da pagare?
Fare di necessità virtù vuol dire, ricreare un insieme di alleanze tra gli oppositori di Berlusconi, rispolverando l’arte del compromesso e strizzando l’occhio a chiunque si ponga come obiettivo quello di far cadere il governo. Continuare indefessi nel cammino del rinnovamento significa escludere la prima scelta e in un certo senso non approfittare delle disgrazie altrui e continuare nella lenta azione di costruzione del partito. Entrambe le soluzioni hanno dei pro e dei contro, la prima darebbe risultati nel breve periodo, metterebbe in serie difficoltà il governo, ma rischia di riportare al passato, rimanendo senza contenuti e con una serie di alleanze di sigle (con conseguenti problemi di tenuta). La seconda non darebbe risultati immediati perché necessita di un processo di combiamento lungo che ancora non è neanche iniziato e una chiarezza sui temi che si vogliono portare agli elettori, ma potrebbe portare alla creazione di quel partito progressista e riformista che ancora manca nel nostro paese.
Fare cadere il governo e ridimensionare le aspettative della Lega è un obiettivo di non poco conto, anzi per alcuni, è l'obiettivo degli obiettivi, ma per raggiungerlo qual'è il prezzo da pagare?
Magari entrambi!
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